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Dimenticare, perdersi, distrarsi

Il racconto "Dimenticare, perdersi, distrarsi" si muove con leggerezza e profondità lungo il filo sottile che separa lo smarrimento reale da quello immaginato, intrecciando piccole distrazioni quotidiane con momenti di vera disorientante perdita. Il tono è colloquiale e intimo, quasi confessionale, con una scrittura che parte dal concreto — oggetti dimenticati, gesti ripetuti, scene domestiche — per arrivare a toccare territori più emotivi e fragili. La riflessione si dispiega con ritmo fluido, oscillando tra ironia e vulnerabilità, e costruisce una mappa narrativa in cui l’atto del perdersi si carica di molteplici significati: distrazione, paura, spaesamento, ma anche affetto e memoria. In filigrana si avverte un'eco della prosa di Raymond Carver per l’attenzione ai minimi scarti del quotidiano, o di Delphine de Vigan nei passaggi in cui l’esperienza personale diventa specchio dell’instabilità percettiva. I riferimenti sono interni al vissuto, mai ostentati, e il racconto sembra risuonare con sensibilità letterarie che privilegiano il dettaglio minimo come rivelazione dell’universale. In questa prospettiva, il testo non descrive un luogo specifico ma si concentra sull’esperienza della presenza e della distanza, del ricordo e della percezione, fino a mettere in discussione la realtà stessa di ciò che si vive o si è vissuto. Lo smarrimento di chi cerca qualcuno che forse non è mai stato lì diventa lo spazio mentale in cui ogni certezza può vacillare, con una tensione quasi kafkiana, fino al riaffiorare di un gesto semplice che riconnette, senza spiegare, ma accogliendo. Alla fine, ciò che resta non è tanto la perdita in sé, quanto la consapevolezza che talvolta a perdersi non è l’altro, ma noi stessi.

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Musiche tratte da "Fairy Tales for Grown up Children" colonna sonora ufficiale del libro "Tutte le favole per bambini cresciuti".

 

Alcune assenze fanno più rumore del suono. "Where were you?" è un pezzo spoken-word sussurrato, che parla di disconnessione, ricerca e della consapevolezza silenziosa che non siamo mai davvero soli. Una canzone per tutte le eco che abbiamo scambiato per silenzio.

Where were you?

I turned,

and you weren’t there.

Or maybe

you never were.

The silence didn’t answer.

My thoughts—

out of sync,

too slow to follow.

I looked for you

in places I didn’t know.

Corners I may have imagined.

I walked through moments

that felt like memory

but broke like glass

when I touched them.

Where were you

when I needed you real?

Were you smoke

or sleep

or just a thought

I held too tightly?

There was a voice once.

I think it was yours.

It told me,

“I’m here.”

But echoes lie

when you listen too long.

And I had no proof

but belief.

Where were you

when I lost myself?

Not in fear,

not in pain—

just in the blur

where meaning slips.

You said,

“You didn’t lose me.

You only forgot

you were never alone.”

Dov'eri?

Mi sono voltato,
e tu non c’eri.
O forse
non ci sei mai stata.
Il silenzio non ha risposto.
I miei pensieri—
fuori tempo,
troppo lenti per seguirti.

 

Ti ho cercata
in luoghi che non conoscevo.
Angoli che forse ho immaginato.
Ho attraversato momenti
che sembravano ricordi,
ma si frantumavano come vetro
appena li sfioravo.

 

Dov’eri
quando avevo bisogno che fossi reale?
Eri fumo
o sonno
o solo un pensiero
che stringevo troppo forte?

 

C’era una voce, una volta.
Credo fosse la tua.
Mi diceva:
“Sono qui.”
Ma gli echi mentono
quando li ascolti troppo a lungo.
E non avevo prove—
solo fede.

 

Dov’eri
quando mi sono perso?
Non nella paura,
non nel dolore—
ma nella nebbia
dove il senso scivola via.
Hai detto:
“Non mi hai perso.
Hai solo dimenticato
che non sei mai stato solo.”

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