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Pittura astratta

racconti pubblicati,
racconti futuri,
frammenti in orbita

Parole” non è solo una raccolta di racconti. È una costellazione.

Ogni testo qui raccolto – già pubblicato o in attesa di trovare la sua forma definitiva – è un punto nello spazio narrativo in cui si intrecciano memoria, desiderio, identità, abbandono, scoperta.

Alcuni sono favole per bambini cresciuti, altri flussi di coscienza, altri ancora frammenti sospesi in cerca di un centro.

Alcuni racconti esistono in forma compiuta, altri si manifestano come eco, prefigurazioni di qualcosa che verrà. Tutti condividono la stessa traiettoria: quella di restituire voce all’indicibile, forma al caotico, possibilità all’invisibile.


In questa pagina troverai narrazioni che non si somigliano, ma si riconoscono.

Ognuna ha una frase che la introduce, come si fa con i sogni al mattino, quando si tenta di afferrarli senza spezzarli.

Un archivio in espansione. Un atlante narrativo aperto. Una mappa delle emozioni.

estratti dalla raccolta di racconti pubblicata 

“C’era una volta, in un regno lontano lontano, in un universo al nostro parallelo, un coraggioso e valoroso cavaliere solitario. Per decenni aveva viaggiato di villaggio in villaggio, affrontando ogni sorta di pericolo che poteva compromettere la pace nel regno. Indossava un’armatura splendente, brandiva una spada magica che brillava di una luce accecante così come il suo scudo che riportava, in rilievo, il blasone del suo lignaggio. Cavalcava il suo giovane destrière alato ed era conosciuto da tutti come il più grande eroe dei suoi tempi."

"Lo spazio è un vasto paesaggio vuoto che si estende per miliardi di anni luce. È un luogo di oscurità e isolamento. Un vuoto, in realtà, inaspettatamente vivo. Onde gravitazionali, sfarfallii occasionali di radiazioni cosmiche, ronzii di stelle lontane con la loro luce che si riflette sui pianeti e sugli altri corpi celesti che orbitano loro attorno. Miliardi e miliardi di stelle, polveri e gas che instaurano fra loro rapporti precisi. La gravità regola dinamiche che tengono tutto insieme. La gravità unisce e allontana, tutto si agita in una danza perpetua."

"In quella notte di inizio estate Luisa non riusciva a dormire. Sarà stato il caldo, ma era già l’una di notte e non aveva ancora chiuso occhio. Si girava e rigirava sul letto. Spostava i cuscini, trovava la posizione che la faceva sentire più comoda ma, qualche istante dopo, aveva già gli occhi aperti a fissare il buio. Il suo cervello stava macinando qualcosa ma non capiva cosa. Decise che così non poteva andare e si alzò, fare due passi forse l’avrebbe aiutata a trovare un po’ di tranquillità. Eppure, apparentemente, non era nervosa…"

Altri progetti: pensieri, parole e testi work in progress

estratti da un romanzo di distopia ironica e da una saga fantascientifica

Il giorno sbagliato per alzarsi presto

“Il signor Giuseppe Lanfranchi, vedovo da sei anni e impiegato part-time in una biblioteca del quartiere Monteverde, si era alzato presto quella mattina con un solo desiderio: finire in pace il suo libro sul mistero dell’ascensore scomparso, opera di un autore ceco di cui nessuno ricorda il nome e forse nemmeno l’esistenza. Aveva già preparato il tè, con due biscotti secchi, uno per sé e uno per il cane immaginario che gli sedeva sempre accanto, e si era appena accomodato sulla poltrona verde ereditata da sua zia Clementina quando il telefono squillò, tre volte, e poi smise, come fanno le cattive notizie quando non hanno fretta di arrivare, ma arriveranno lo stesso."

Il battesimo del gelo

"Il cielo su Urano era un vasto abisso ciano, privo di stelle visibili, illuminato da una tenue luce solare che filtrava attraverso l’atmosfera carica di metano. La superficie sottostante, un deserto ghiacciato di ammoniaca e acqua solidificata, si estendeva all’infinito, interrotto solo dalle imponenti mietitrebbie meccaniche che scavavano incessantemente nel terreno gelido. Queste macchine colossali non avevano un nome ufficiale. I coloni le chiamavano striscianti, o semplicemente le cose. Erano ammassi ciclopici di giunti idraulici, chele da scavo, piastre risonanti e sensori ambientali impazziti, costruite da qualcuno che non aveva mai messo piede su Urano e forse non era nemmeno umano."

Errore di navigazione

"La stella di Vorrak si rifletteva sulle superfici curve della capitale Kal-Varat, scivolando senza intoppi sugli edifici senza spigoli, come se la luce stessa fosse stata modellata per adattarsi alla loro forma. L’aria era densa, carica di un’umidità quasi elettrica, come se l’intero pianeta esistesse in un equilibrio perfetto tra materia e energia. Dalla rampa della Nyx, Jonas osservò per l’ultima volta il suolo sotto di loro. Le strutture Vorraki si fondevano con l’ambiente, quasi fossero germogliate direttamente dalla crosta planetaria. Le loro superfici lisce riflettevano una gamma di colori appena percettibili, vibrazioni di tonalità che sembravano cambiare a seconda dell’angolazione dello sguardo."

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