Frammenti di un diario
"Frammenti di un diario" è un racconto intimo e spiazzante, costruito come un flusso di pensieri affidati a pagine sparse, prive di stile apparente ma colme di sincerità lancinante. La voce narrante, fragile e lucidissima, attraversa una tempesta emotiva fatta di inadeguatezza, solitudine, ipersensibilità e critica feroce verso l’ipocrisia sociale. Lo stile è diretto, confessionale, a tratti lirico e a tratti brutale, con echi che richiamano le scritture più estreme della letteratura del disagio giovanile, ma senza indulgere nel sensazionalismo. Ci sono riflessi di Sylvia Plath e del primo Emmanuel Carrère, ma anche una certa essenzialità diaristica che ricorda le confessioni interiori di alcuni autori contemporanei vicini alla cosiddetta autofiction. I temi affrontati toccano la salute mentale, il peso dell’adolescenza, la maschera sociale, la corporeità come luogo di dolore e piacere, l’estraneità rispetto al mondo e l’ambivalenza del desiderio. Pur nell’oscurità che attraversa ogni frammento, emerge una tensione costante verso il senso, verso una forma possibile di verità. L’io narrante cerca sollievo, non nella consolazione, ma nella comprensione profonda di sé, nel gesto stesso dello scrivere come forma di resistenza. Un testo spiazzante e necessario, capace di restituire con autenticità l’urgenza di esistere anche nei momenti più opachi.
Musiche tratte da "Fairy Tales for Grown up Children" colonna sonora ufficiale del libro "Tutte le favole per bambini cresciuti".
"Smiling with his eyes" è un ritratto sommesso in forma di spoken-word, dedicato alla quiete emotiva, alla sofferenza silenziosa e alle tracce che una persona lascia quando ha trascorso una vita cercando di essere vista. Un omaggio a chi attraversa il mondo con troppa sensibilità — e troppo poco spazio per contenerla.
Smiling with his eyes
They said he smiled—
but never with his eyes.
That’s what people remembered.
He wrote things that only made sense to him—
sometimes sharp,
sometimes soft like static.
Called it a shadow
sitting on his shoulder,
whispering louder than sound.
He questioned everything:
his worth,
his future,
his place in all of this.
Outside, he played along—
smiling, nodding,
wearing the mask.
But behind the lips,
his eyes stayed still.
Some days, he bit his lip
just to feel.
Let the taste of blood linger.
Nothing changed.
He wanted silence.
A pause.
Not death,
just stillness.
He knew love,
and longing,
and being invisible in a crowd.
He called solitude a lover.
Said it kissed him quiet.
Still,
he kept walking.
Then the mask cracked.
And when he stopped writing,
he left behind these pages—
bent, scattered,
still breathing.
He said if you’re reading this,
he made his choice.
He asked for nothing—
just understanding.
And maybe now,
he’s smiling.
With his eyes.
With his eyes…
Sorridendo con gli occhi
Dicevano che sorrideva —
ma mai con gli occhi.
Questo è ciò che la gente ricordava.
Scriveva cose che avevano senso solo per lui — a volte taglienti,
a volte soffici come elettricità statica.
La chiamava un’ombra
seduta sulla sua spalla,
che sussurrava più forte di qualsiasi suono.
Metteva tutto in discussione:
il suo valore,
il suo futuro,
il suo posto in tutto questo.
All’esterno, stava al gioco —
sorrideva, annuiva,
indossava la maschera.
Ma dietro le labbra,
gli occhi restavano fermi.
Alcuni giorni si mordeva il labbro
solo per sentire qualcosa.
Lasciava che il sapore del sangue restasse.
Niente cambiava.
Voleva il silenzio.
Una pausa.
Non la morte,
solo quiete.
Conosceva l’amore,
il desiderio,
e cosa significhi essere invisibile in mezzo alla folla.
Chiamava la solitudine un’amante.
Diceva che lo baciava nel silenzio.
Eppure,
continuava a camminare.
Poi la maschera si incrinò.
E quando smise di scrivere,
lasciò dietro di sé queste pagine —
piegate, sparse,
ancora vive.
Disse che se stai leggendo questo,
ha fatto la sua scelta.
Non chiedeva nulla —
solo comprensione.
E forse ora,
sta sorridendo.
Con gli occhi.
Con gli occhi…







