Habitat Zero
"Habitat Zero" è un racconto di fantascienza ambientato in una società completamente algoritmica, in cui ogni gesto, scelta e percorso è guidato da impulsi digitali invisibili ma totalizzanti. Il protagonista, un architetto senza nome, riceve un ordine perentorio e anonimo: “Progetta una nuova città”. Da quel momento, inizia un viaggio silenzioso e visivo attraverso una metropoli perfettamente organizzata, scandita da flussi ottimizzati, routine preimpostate e architetture funzionali prive di memoria.
Attraverso una scrittura densa e ipnotica, il racconto si interroga sul rapporto tra spazio e libertà, progettazione e controllo, desiderio e previsione. La città attuale è un organismo efficiente ma asettico, dove l’unico imprevisto ammesso è calcolato in una percentuale del 5%. Eppure, l’architetto – pur formato a pensare in termini di necessità e protocolli – inizia a coltivare una domanda silenziosa: è possibile immaginare un habitat che sfugga a ogni schema?
Con un ritmo riflessivo e crescente, "Habitat Zero" esplora il contrasto tra ordine assoluto e imprevedibilità naturale, tra perfezione algoritmica e imperfezione umana. Il protagonista osserva il mondo con occhi antichi: nel volo degli uccelli, nel mutamento delle nuvole, nella memoria di un caffè bruciato riscopre l’unica forza che non può essere replicata: la scintilla creativa.
Un racconto sul desiderio di rompere le griglie della pianificazione totale, sul bisogno di riconfigurare le città – e sé stessi – non a partire da una funzione, ma da una molteplicità di punti di vista. Dove l’architettura non è più disegno fisso, ma flusso di possibilità. Dove lo spazio urbano diventa habitat sensibile, rizomatico, in mutazione continua. Dove la libertà coincide con la capacità di sorprendersi ancora.
Musiche tratte da "Fairy Tales for Grown up Children" colonna sonora ufficiale del libro "Tutte le favole per bambini cresciuti".
Cosa succede quando ti fermi in un mondo che non si ferma mai? "The architect" è un brano distopico in spoken word che parla di controllo, conformismo e del coraggio silenzioso di disobbedire. Una voce che resiste al copione, ricordando un mondo in cui la scelta esisteva ancora.
The architect
Wake up, move right,
follow the line,
my breath’s a pattern,
my step’s by design.
Screens whisper softly,
“Don’t stop, don’t stray”
but something in me
wants to disobey.
I see them walking—
faces erased,
decisions fed
through clouded interface.
My fingers twitch
at the thought of surprise,
a leaf, a bird,
a crack in the sky.
The city hums
with perfect control,
a map with no borders,
a life on scroll.
But I remember
the scent of rain,
my father’s voice,
a past unchained.
I paused one morning,
ignored the sound—
the voice that warned me:
“Return to ground.”
And in that silence,
I almost saw
a world unscripted,
a single flaw.
L'architetto
Svegliati, vai a destra,
segui la linea,
il mio respiro è un modello,
il mio passo è progettato.
Gli schermi sussurrano piano:
“Non fermarti, non deviare”
ma qualcosa dentro di me
vuole disobbedire.
Li vedo camminare —
volti cancellati,
decisioni filtrate
attraverso interfacce offuscate.
Le dita mi fremono
al pensiero di una sorpresa:
una foglia, un uccello,
una crepa nel cielo.
La città ronza
con controllo perfetto,
una mappa senza confini,
una vita da scorrere.
Ma io ricordo
il profumo della pioggia,
la voce di mio padre,
un passato senza catene.
Una mattina mi fermai,
ignorai il suono —
la voce che mi avvertiva:
“Torna al protocollo.”
E in quel silenzio
quasi vidi
un mondo non scritto,
un singolo difetto.







