Il coraggio di guardare
“Il coraggio di guardare” è un racconto riflessivo e lirico che si muove tra saggio esistenziale e monologo interiore. Il testo esplora con profondità il gesto del guardare, distinguendolo dal semplice vedere, in una società dove lo sguardo è costantemente saturo, distratto, sommerso da stimoli visivi. L’autore adotta una prosa fluida, densa di immagini e pause meditanti, per interrogare il significato e le implicazioni di un’attenzione vera, paziente, consapevole. Lo stile è intimo e allo stesso tempo filosofico: il narratore si rivolge direttamente al lettore — o forse a una figura precisa — in un discorso che alterna esempi concreti (una tazza, una finestra, una strada innevata) a riflessioni più astratte sul tempo, la memoria, la bellezza silenziosa delle cose. La scrittura è delicata, ma tesa: ogni frase cerca di scalfire la superficie del reale, di entrare dentro le pieghe dell’abitudine per riscoprirne il significato nascosto.
I temi affrontati ruotano attorno alla percezione, alla presenza e alla responsabilità dello sguardo. Guardare non è un atto neutro — ci coinvolge, ci cambia, ci obbliga a scegliere cosa accogliere e cosa lasciare fuori. In questo senso, diventa anche un gesto di resistenza: contro la distrazione, contro l’indifferenza, contro l’ansia della velocità. Ma è anche un gesto fragile, che espone al dubbio, alla trasformazione, al rischio di scoprire qualcosa che non si era pronti a vedere. Senza mai scivolare nella retorica, “Il coraggio di guardare” restituisce al lettore il valore di un gesto che sembra semplice ma non lo è. Un racconto che interroga, che accompagna, che invita a fermarsi. Non per trovare risposte, ma per accettare la possibilità di uno sguardo più vero — e forse, per iniziare da lì a riconoscersi.
Musiche tratte da "Fairy Tales for Grown up Children" colonna sonora ufficiale del libro "Tutte le favole per bambini cresciuti".
Vedere non significa sempre guardare. “I see you now” è una riflessione sommessa, in forma di spoken word, sulla presenza, sulla trasformazione e sull’intimità racchiusa nell’attenzione.
Parla della scelta di lasciarsi cambiare da qualcuno che, forse, non si volterà mai nemmeno a guardarti.
I see you now
I watch you, and you don’t know.
You pass, and I collect moments—
the way your hand moves,
the pause between steps.
It’s not seeing,
it’s letting in.
Letting you mark me
without ever touching.
I learn your face like a language,
slow and full of silence.
I stay at the edge of knowing
because going deeper
means I might not come back.
The world’s too loud to look,
but you are a quiet place.
So I choose the risk—
to be changed
by something as soft
as your eyes.
You look away.
But I still stay.
Still here,
still watching,
still trying.
And now…
maybe you know.
And now…
maybe you know.
Ora ti guardo
Ti guardo, e tu non lo sai.
Tu passi, e io raccolgo istanti—
il modo in cui si muove la tua mano,
la pausa tra un passo e l’altro.
Non è vedere,
è lasciar entrare.
Lasciare che tu mi segni
senza nemmeno toccarmi.
Imparo il tuo volto come una lingua,
lenta e piena di silenzi.
Resto sul margine della conoscenza,
perché andare più a fondo
potrebbe significare non tornare più.
Il mondo è troppo rumoroso per guardare,
ma tu sei un luogo quieto.
Così scelgo il rischio—
di essere cambiato
da qualcosa di tanto lieve
quanto i tuoi occhi.
Tu guardi altrove.
Ma io resto.
Ancora qui,
ancora a guardare,
ancora a provarci.
E ora…
forse lo sai.
E ora…
forse lo sai.







