La forma dell’amore
Nel racconto "La forma dell’amore", il sentimento amoroso viene esplorato non come concetto astratto o stereotipato, ma come una costruzione concreta, fatta di spazi, geometrie e traiettorie. Si parte dal segno più noto e ingenuo dell’innamoramento — il cuore disegnato a penna rossa sull’agenda — per poi decostruirlo e interrogarlo con occhi diversi: quelli della matematica, della topologia, della memoria. L’amore, in questa riflessione poetica e intima, non è né una figura codificabile né una formula replicabile, ma un campo di forze mutevoli, in cui due rette si incontrano, si piegano, deviano. Il testo, con tono meditativo e quasi filosofico, si muove tra evocazione e astrazione, tra scienza e affetto, per restituire un’immagine nuova dell’amore: una mappa invisibile, fatta di luoghi condivisi, gesti ripetuti, sguardi, pause, dettagli. È nel movimento, nella discontinuità, nei bordi di ciò che è stato vissuto insieme che si disegna la sua vera forma. Un racconto che ricorda, per sensibilità e costruzione, alcune pagine di Italo Calvino, in particolare Lezioni americane e Palomar, ma anche certi frammenti di Roland Barthes, per la capacità di rendere visibile ciò che normalmente sfugge. Lo stile è sobrio e controllato, ma lascia affiorare sottopelle una malinconia lucida, priva di retorica. Il risultato è un breve testo denso e stratificato, capace di offrire molteplici livelli di lettura, e che invita — senza mai dichiararlo esplicitamente — a ripensare il modo in cui tracciamo, ricordiamo e misuriamo ciò che abbiamo chiamato amore.
Musiche tratte da "Fairy Tales for Grown up Children" colonna sonora ufficiale del libro "Tutte le favole per bambini cresciuti".
L’amore non sempre resta. Ma lascia sempre una forma. "The shape we leave" è una ballata alt-pop poetica sulla memoria, sul movimento e sulle tracce invisibili lasciate dall’amore.
The shape we leave
You marked the day with a little red heart,
Fifteen hundred hours, the train would start.
Your name in her chest like a second beat,
She walked your map with aching feet.
She thought love had a shape,
Like stars across a sky.
But it’s just the way we move,
The lines we draw, then say goodbye.
Every street, every door, every light we passed—
They’re still burning, even if we didn’t last.
It’s not a symbol, not a word, not a sign,
It’s the shape we leave behind.
Coffee shops and silent parks,
Your laugh in echoes, streetlight sparks.
Each place became a sacred note,
In the song that now catches in my throat.
You thought love was a plan,
A heart drawn on the page.
But we wrote it with our footsteps,
Across time, across the stage.
Every street, every door, every light we passed—
They’re still burning, even if we didn’t last.
It’s not a symbol, not a word, not a sign,
It’s the shape we leave behind.
And when I walk alone again,
Through all the places that were ours…
I see you in reflections,
Not in mirrors, but in scars.
Every street, every door, every light we passed—
They’re still burning, they’re still burning.
It’s not a symbol, not a word, not a sign,
It’s the shape—
the shape—
we leave… behind.
La forma che lasciamo
Hai segnato il giorno con un cuoricino rosso,
Ore quindici, il treno sarebbe partito.
Il tuo nome nel suo petto come un secondo battito,
Ha camminato sulla tua mappa con i piedi stanchi.
Pensava che l’amore avesse una forma,
Come stelle nel cielo.
Ma è solo il modo in cui ci muoviamo,
Le linee che tracciamo, e poi diciamo addio.
Ogni strada, ogni porta, ogni luce attraversata—
Bruciano ancora, anche se noi non siamo durati.
Non è un simbolo, né una parola, né un segno,
È la forma che lasciamo.
Caffetterie e parchi silenziosi,
La tua risata negli echi, scintille nei lampioni.
Ogni luogo è diventato una nota sacra,
Nella canzone che ora mi si spezza in gola.
Tu pensavi che l’amore fosse un piano,
Un cuore disegnato sulla pagina.
Ma lo abbiamo scritto con i nostri passi,
Attraverso il tempo, sopra il palcoscenico.
Ogni strada, ogni porta, ogni luce attraversata—
Bruciano ancora, anche se noi non siamo durati.
Non è un simbolo, né una parola, né un segno,
È la forma che lasciamo.
E quando torno a camminare da solo,
Tra tutti i luoghi che erano nostri…
Ti vedo nei riflessi,
Non negli specchi, ma nelle cicatrici.
Ogni strada, ogni porta, ogni luce attraversata—
Bruciano ancora, bruciano ancora.
Non è un simbolo, né una parola, né un segno,
È la forma—
la forma—
che lasciamo… dietro di noi.







