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La serra di villa Winterbourne

"La serra di Villa Winterbourne" è un racconto gotico ambientato nell’Inghilterra vittoriana di fine Ottocento, dove la bellezza della forma nasconde una progressiva discesa nell’orrore. Dieci invitati si riuniscono per una cena esclusiva in una sontuosa dimora circondata da giardini invernali e riflessi opachi. Ma l’atmosfera elegante e rarefatta è solo un fragile involucro: nel corso della serata, sotto l’effetto di tensioni crescenti, i personaggi mostrano crepe profonde, rivelando il lato più oscuro di sé.

Il racconto si muove tra specchi deformanti, giochi di luce, accuse sussurrate e gesti sospesi. Il vero protagonista è la paura, non come minaccia esterna, ma come detonatore interiore: non crea mostri, li risveglia. In un crescendo claustrofobico, ciò che sembrava contenuto ed educato si disgrega: la civiltà lascia spazio all’istinto, la grazia alla ferocia. Lo stile è ipnotico e teatrale, con toni lirici che si mescolano al perturbante, in una danza tra il raffinato e l’inquietante. La narrazione costruisce un meccanismo a orologeria, in cui il tempo pare deformarsi come in una giostra che gira senza tregua, senza via d’uscita. Ogni frase porta con sé il senso di un’eco, di qualcosa che è già accaduto o che sta per esplodere.

"La serra di Villa Winterbourne" è un racconto che esplora la natura dell’identità quando viene incrinata dal sospetto e dal terrore. Una riflessione sul volto che mostriamo e sull’animale che si cela sotto la pelle. Nessun delitto è ancora avvenuto, ma tutto odora già di colpa.

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Musiche tratte da "Fairy Tales for Grown up Children" colonna sonora ufficiale del libro "Tutte le favole per bambini cresciuti".

 

La paura non crea mostri. Li risveglia. "The Winterbourne Greenhouse" è un loop ipnotico e gotico in forma di spoken-word, che racconta di identità frantumate, orrori eleganti e una giostra che non smette mai di girare.

The Winterbourne Greenhouse

Fear… doesn’t create monsters.

It wakes them. It wakes them.

 

Fear… doesn’t create monsters.

It wakes them.

A note off key.

 

Then… a scream.

A tear in the fabric of celebration.

 

The carousel spins…

but no one finds the way out.

Mirrors twist our faces,

shadows waltz,

and fear…

fear dances.

 

The carousel spins…

but no one finds the way out.

Mirrors twist our faces,

shadows waltz,

and fear…

fear dances.

 

Steps lost in the labyrinth of glass,

names whispered,

accusations cracked.

Every smile a blade,

every gentleman, a beast.

 

Mirrors twist our faces,

shadows waltz,

and fear…

fear dances.

 

The carousel spins…

but no one finds the way out.

Mirrors twist our faces,

shadows waltz,

and fear…

fear dances.

 

The carousel spins…

but no one finds the way out.

Mirrors twist our faces,

shadows waltz,

and fear…

fear dances.

La serra di Winterbourne

La paura… non crea mostri.
Li risveglia. Li risveglia.

La paura… non crea mostri.
Li risveglia.
Una nota stonata.

Poi… un urlo.
Uno strappo nel tessuto della festa.

La giostra gira…
ma nessuno trova l’uscita.
Gli specchi deformano i nostri volti,
le ombre danzano il valzer,
e la paura…
la paura danza.

La giostra gira…
ma nessuno trova l’uscita.
Gli specchi deformano i nostri volti,
le ombre danzano il valzer,
e la paura…
la paura danza.

Passi persi nel labirinto di vetro,
nomi sussurrati,
accuse incrinate.
Ogni sorriso è una lama,
ogni gentiluomo, una bestia.

Gli specchi deformano i nostri volti,
le ombre danzano il valzer,
e la paura…
la paura danza.

La giostra gira…
ma nessuno trova l’uscita.
Gli specchi deformano i nostri volti,
le ombre danzano il valzer,
e la paura…
la paura danza.

La giostra gira…
ma nessuno trova l’uscita.
Gli specchi deformano i nostri volti,
le ombre danzano il valzer,
e la paura…
la paura danza.

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