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L’archeologo

"L’archeologo" è un racconto di ambientazione futuristico-distopica che fonde l’estetica del cyberpunk con la tensione filosofica del post-umano, esplorando il rapporto tra memoria, identità e tecnologia. In uno scenario urbano totalizzante e artificiale, dove la natura è stata completamente cancellata e l’aria stessa è un prodotto industriale, si muove Jonas Kyran, un archeologo solitario incaricato di indagare su un’anomalia emersa durante i lavori per una nuova metropolitana pneumatica. Il ritrovamento — un’armatura consumata, opaca e priva di contesto — innesca un’indagine che si trasforma in una vera e propria discesa metafisica nelle profondità della città e della coscienza collettiva. Il racconto si muove su coordinate che richiamano tanto Blade Runner quanto le suggestioni dickiane di Ubik o Le tre stimmate di Palmer Eldritch, filtrate però da un linguaggio poetico e immersivo. Lo stile è iperdescritto, visivo, quasi cinematografico, con una forte attenzione per l’architettura e per le tecnologie speculative che accompagnano l’indagine scientifica come estensioni percettive del protagonista. Ma è soprattutto il rapporto tra tempo e conoscenza a guidare il racconto: la città, costruita su se stessa fino a seppellire le proprie origini, diventa metafora di una società che ha dimenticato la propria storia, ossessionata dal progresso. L’armatura, che inizialmente appare come un semplice reperto, si rivela portatrice di un messaggio fuori dal tempo, un enigma che sfida le categorie storiche, linguistiche e persino logiche della realtà. L’indagine di Jonas diventa quindi una riflessione sulla possibilità — o l’impossibilità — di interpretare ciò che non rientra negli schemi della conoscenza umana.

"L’archeologo" è dunque un racconto sull’assenza di certezze, su un passato che sfugge alla categorizzazione, e su un presente che ha smesso di cercarlo. Ma è anche un omaggio alla funzione dell’archeologia come forma narrativa, capace non tanto di dare risposte, quanto di evocare domande profonde sul senso dell’esistenza e sull’inesorabile destino dell’oblio.

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Musiche tratte da "Fairy Tales for Grown up Children" colonna sonora ufficiale del libro "Tutte le favole per bambini cresciuti".

 

Ha trovato il nome. Lo ha tenuto stretto. Ma non lo ha mai pronunciato. "The name he never said" è un brano spoken-word dal tono cinematografico, che parla di memoria, scoperta e del silenzio come scelta consapevole. Un archeologo di un lontano futuro rinviene un nome perduto nel tempo — e decide di non rivelarlo.

The name he never said

Click.

Crash.

He knew the—

Name.

Hold. Your. Breath.

Say it? He never did.

Say it? He never will.

The name. The name.

He—never—said.

Steel skies scream.

He walks through wire and ghost routines.

One hand on the code,

One eye on the void.

He hunts what silence hides.

Twist the lock, dig the line,

Symbols burn, time misaligns.

History glitches.

And he listens—

Click.

Crash.

He knew the—

Name.

Hold. Your. Breath.

Say it? He never did.

Say it? He never will.

The name. The name.

He—never—said.

Found in sparks beneath the core,

Truth unasked behind sealed doors.

The name was fire.

The name was weight.

And still—he walked away.

He found it.

He saw it.

He felt it burn.

But he never let it out.

Click.

Crash.

He knew the—

Name.

Name. Name.

Say it? He never did.

Say it? He never will.

Say it?

He.

Never.

Said.

Stripped beat. Faint glitch. One soft pulse.

End.

End.

End…

Il nome che non disse mai

Click.
Crash.
Lui conosceva il—
Nome.
Trattieni. Il. Respiro.
Dirlo? Non lo fece mai.
Dirlo? Non lo farà mai.
Il nome. Il nome.
Che—non—disse—mai.

Cieli d’acciaio urlano.
Cammina tra fili e gesti di fantasmi.
Una mano sul codice,
un occhio nel vuoto.
Caccia ciò che il silenzio nasconde.

 

Gira la serratura, scava la linea,
i simboli bruciano, il tempo si disallinea.
La storia va in errore.
E lui ascolta—

 

Click.
Crash.
Lui conosceva il—
Nome.
Trattieni. Il. Respiro.
Dirlo? Non lo fece mai.
Dirlo? Non lo farà mai.
Il nome. Il nome.
Che—non—disse—mai.

 

Trovato tra le scintille sotto il nucleo,
una verità mai chiesta dietro porte sigillate.
Quel nome era fuoco.
Quel nome era peso.
Eppure—se ne andò.

 

Lo trovò.
Lo vide.
Lo sentì bruciare.
Ma non lo lasciò mai uscire.

 

Click.
Crash.
Lui conosceva il—
Nome.
Nome. Nome.
Dirlo? Non lo fece mai.
Dirlo? Non lo farà mai.
Dirlo?
Lui.
Non.
Lo.
Disse.

 

Battito essenziale. Glitch sottile. Un solo impulso.
Fine.
Fine.
Fine…

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