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Paesaggi estinti

"Paesaggi estinti" è un racconto sospeso tra terra e mare, tra passato e presente, tra ciò che si può dire e ciò che resta sepolto sotto il silenzio. Ella, la protagonista, vive ai margini di un paesaggio che sembra ritirarsi a ogni passo, come una realtà che si svuota lentamente ma con ostinazione. I suoi gesti sono misurati, discreti, essenziali: cammina, osserva, raccoglie. Ma dietro questa apparente quiete si muove una tensione costante, fatta di ricordi che non appartengono solo a lei, di voci che riaffiorano quando nessuno guarda.

La scrittura è controllata, poetica, con un ritmo che segue il respiro dell’acqua e dei pensieri. L’ambiente costiero diventa uno specchio dell’interiorità: ciò che affiora dal fondo, ciò che resta incagliato, ciò che l’erosione restituisce senza preavviso. C’è un messaggio ecologico implicito, mai predicativo: la natura è viva, ferita, e insieme complice e testimone di ciò che l’umano non sa o non vuole dire. La sabbia, i relitti, i frammenti raccolti: ogni elemento acquista valore simbolico, come se il paesaggio conservasse un linguaggio dimenticato.

"Paesaggi estinti" è un racconto sul silenzio e sulla sopravvivenza della memoria, sulla forza di chi custodisce ciò che altri fingono di non vedere. È un invito a restare, ad ascoltare, a leggere tra le linee di ciò che non viene detto. Come se esistesse un confine invisibile tra il tempo che scorre e quello che resta incastrato tra le pieghe della coscienza — e del mondo.

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Musiche tratte da "Fairy Tales for Grown up Children" colonna sonora ufficiale del libro "Tutte le favole per bambini cresciuti".

 

Alcune verità sono troppo pesanti per essere pronunciate. "What I never say" è una ballata contemplativa in spoken-word che esplora il silenzio, la memoria e il peso invisibile della consapevolezza.

What I never say

I sit where waves just touch my feet,

but never further.

They ask me why—

I smile,

but never answer.

I remember what I never saw.

I dream in colors I can’t draw.

They play, they laugh,

I float away—

a shadow made of yesterday.

They see a mother.

They see a shell.

But I’ve held bones

that once could spell

the names of cities drowned in light—

and I still hear them late at night.

The sea,

it doesn’t forget.

It speaks in relics,

in things it regrets.

And I…

I carry what it lets me keep.

I remember what I never say.

I bury truths in salted clay.

They see the calm—

but deep in me,

there’s fire

no eye will ever see.

They see a mother.

They see a shell.

I bury truths in salted clay.

They see the calm—

but deep in me,

there’s fire

no eye will ever see.

Quello che non dico mai

Mi siedo dove le onde sfiorano appena i miei piedi,
ma mai oltre.
Mi chiedono perché—
sorrido,
ma non rispondo mai.

 

Ricordo ciò che non ho mai visto.
Sogno in colori che non so disegnare.
Loro giocano, ridono,
io mi allontano—
un’ombra fatta di ieri.

 

Vedono una madre.
Vedono un guscio.
Ma io ho tenuto tra le mani ossa
che un tempo sapevano pronunciare
i nomi di città affondate nella luce—
e ancora le sento, nel cuore della notte.

 

Il mare,
non dimentica.
Parla in reliquie,
in cose che rimpiange.
E io…
porto con me ciò che mi lascia conservare.

 

Ricordo ciò che non dico mai.
Seppellisco verità nell’argilla salata.
Loro vedono la calma—
ma dentro di me,
c’è un fuoco
che nessun occhio potrà mai vedere.

 

Vedono una madre.
Vedono un guscio.
Seppellisco verità nell’argilla salata.
Loro vedono la calma—
ma dentro di me,
c’è un fuoco
che nessun occhio potrà mai vedere.

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