I miei commenti e recensioni - Douglas Adams e le infinite dimore dello Spazio
- Nicola Vazzoler
- 25 ago
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 14 set
Premetto che io amo Douglas Adams, anzi no, “io non amo Adams, io lo venero…” (parafrasando Anton Ego in “Ratatouille”). È per me fonte di ispirazione ma devo scrivere qualcosa in merito al suo libro “Dirk Gently. Agenzia investigativa olistica” perché qualcosa non è andato, a mio parere, nel verso giusto. Questa è una delle mie recensioni dedicate a Adams: affetto infinito, ma qualche riserva su questo titolo.
Leggere Adams è sempre una faccenda di caos. Con Guida galattica per gli autostoppisti è un caos ordinato: Arthur Dent, povero cristo in accappatoio, è la nostra bussola, il punto fermo mentre l’universo implode in nonsense burocratici e improbabili astronavi. Con Dirk Gently invece il caos diventa caos caotico: niente Arthur, niente bussola, solo una matassa di fantasmi, cavalli in bagno e filosofia olistica che rischia di annodarsi da sola. Io, nel dubbio, ci ho infilato un terzo livello: il caos eccessivamente ordinato della burocrazia terrestre. Ed è lì che nasce il mio racconto Le infinite dimore dello Spazio.
La Guida e il caos ordinato
Quando ho letto Guida galattica per gli autostoppisti sono rimasto irretito e intrigato. Il caos c’era, eccome, ma era un caos che obbediva a una logica comica ferrea. Arthur Dent era la nostra ancora: guardavamo l’universo assurdo attraverso i suoi occhi, e tutto sembrava paradossale ma comprensibile. Ridere della burocrazia intergalattica dei Vogon significava ridere anche delle scartoffie sulla nostra scrivania.
Un “caos ordinato”: Arthur Dent, povero cristo in accappatoio, era la nostra ancora di salvezza. Eravamo e siamo noi. Attraverso i suoi occhi potevamo assistere all’assurdo senza perdere del tutto la bussola: l’universo esplodeva in nonsense, ma con una logica comica ferrea. Ti ritrovavi a ridere della burocrazia galattica e a chiederti, tra una risata e l’altra, se la tua vita avesse davvero un senso (spoiler: 42). A testimoniare la mia passione per questa serie ci sono anche tracce evidenti nel mio racconto “Flusso di coscienza”. E tra una risata e l’altra ti scoprivi a chiederti se la tua vita avesse davvero un senso (spoiler: 42).
Dirk Gently e il caos caotico
Poi è arrivato “Dirk Gently”. Stesso autore, stessa penna brillante, stesso gusto per il paradosso. Eppure qui non c’è Arthur Dent. Non c’è il povero terrestre che ti accompagna mano nella mano nell’assurdità del cosmo. C’è Dirk, che già nasce strambo, eccentrico, convinto che “tutto è collegato” e che persino un cavallo in bagno abbia un senso cosmico. Ecco: il concetto olistico lo adoro, trovo geniale l’idea che nulla accada per caso e che ogni dettaglio sia legato a un disegno più grande (su questo concetto si basa un romanzo di distopia ironica su cui sto lavorando). Ma il problema è che qui l’insieme si perde. Se la “Guida” è caos ordinato, “Dirk Gently” è caos caotico. Non hai una bussola, non hai un appiglio, hai solo la voce di Adams che si diverte a intrecciare un fantasma, Bach, alieni e professori di Cambridge in un nodo logico-filosofico che a volte stringe, a volte ti scivola di mano.
Le infinite dimore dello Spazio e il caos ultra ordinato
Ne Le infinite dimore dello Spazio (racconto raccolto in Tutte le favole per bambini cresciuti) non ci sono astronavi, né alieni, né fantomatiche investigazioni olistiche. C’è un Ministero impossibile, con uffici che si moltiplicano da soli, faldoni catalogati in ordine gravitazionale inverso e dirigenti che parlano in acronimi incomprensibili. Non c’è Arthur Dent, ma non ci si perde: la burocrazia, al contrario del cosmo, ha regole rigidissime anche quando sono del tutto assurde.
Alla base c’è l’omaggio diretto ad Adams, ma il motore è un altro: il Principio di Peter. In questo universo non vince chi risolve problemi, ma chi sa evocare concetti vuoti con solennità. E così il caos non è più stellare o paradossale: è un caos eccessivamente ordinato, dove tutto è regolato, verbalizzato e messo a verbale. Un labirinto da cui non si esce, ma in cui ognuno ha comunque un badge e una scrivania.
Morale?
La Guida la consiglierei a chiunque, perché è popolare e geniale allo stesso tempo. Dirk Gently lo consiglierei solo a chi vuole vedere Adams senza freni, senza bussola e senza Arthur. Per una volta, contraddicendo il mantra “il libro è sempre meglio”, ho preferito la serie TV (almeno la prima stagione): lì il caos si ricompone, i personaggi hanno carne, sangue e ironia. Il libro resta un oggetto curioso, affascinante, ma meno riuscito. Pur apprezzandone l’intento, la voglia di sperimentare e, sì, il suo sguardo olistico. Un po’ come quelle cene di famiglia dove, se manco io, si parla comunque… ma manca la scintilla (su questo aspetto dovremmo avere conferma dai miei parenti, ma è un’altra storia).
E il mio racconto? Non avrà i Vogon né gli asciugamani bagnati in testa, ma ci mette dentro un Ministero infinito dove l’assurdo si traveste da regolamento. Perché se l’universo ti sembra incomprensibile, aspetta di leggere una circolare ministeriale: lì il caos ha sempre la firma in calce.




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